Le Cinque Giornate di Milano

Le rivoluzioni in Europa nel 1848

Nei primi mesi del 1848 la rivoluzione esplode in varie città d’Europa. La prima a muoversi è Palermo, che in poche settimane dà vita a un governo autonomo siciliano. In febbraio la rivoluzione infiamma Parigi, abbattendo in pochi giorni il sistema di governo francese. Poi insorgono le città libere della Germania, quindi la stessa Vienna, il cuore del potere imperiale. Da Vienna la rivoluzione si propaga a Budapest, Berlino, Milano, Venezia, Poznan, e in Italia e Ungheria si innescano vere e proprie guerre per l’indipendenza.

 

Cattaneo e le barricate

Il 17 marzo 1848 il Comitato rivoluzionario di Cesare Correnti fa girare nelle strade del centro di Milano un proclama con cui invita a manifestare per ottenere riforme liberali immediate. Carlo Cattaneo è però contrario a una manifestazione armata, che potrebbe produrre solo un massacro. Quando però il 18 marzo, dalla finestra di casa sua, sente gli spari e le grida della gente dietro le barricate – rabbia, entusiasmo, coraggio, determinazione di uomini e donne di ogni età – si rende conto che sta iniziando una rivolta popolare. Cattaneo scende allora in strada e insieme con Enrico Cernuschi, Luciano Manara e il medico Agostino Bertani prende la guida delle operazioni.

 

Radetzky e i Milanesi

La partecipazione compatta dei Milanesi all’insurrezione è il fattore principale della vittoria. “Il carattere del popolo di Milano mi sembra trasformato come per un colpo di bacchetta magica” scrive in un dispaccio a Vienna il feldmaresciallo Radetzky, che sottolinea il sostegno alla lotta dei villaggi vicini: “L’intero paese è insorto: anche i contadini sono in armi. L’armistizio non è stato accolto e la battaglia continua con furia inesausta … Tutti i collegamenti sono interrotti. I reparti più grossi trovano nelle strade barricate e nei villaggi una resistenza invincibile”. Gli Austriaci lasciano Milano la notte del 22 marzo. Il giorno dopo, mentre si cominciano a sgomberare le strade dai resti di oltre 1700 barricate, si fa il conto dei caduti: 335, in gran parte artigiani e operai, migliaia i feriti.

 

Radicali e moderati

I radicali hanno combattuto nelle strade e hanno vinto la battaglia. Ma i veri vincitori sono i moderati. Gabrio Casati, il podestà che già serviva sotto l’amministrazione austriaca, è diventato presidente del Governo provvisorio il 21 marzo e ha subito preso contatto con i moderati piemontesi, che temono una rivoluzione repubblicana in Lombardia. Cattaneo, che ha rifiutato sdegnosamente le offerte di armistizio di Radetzky, respinge allo stesso modo la proposta di accordo col re sabaudo Carlo Alberto. È però isolato e lascia il Palazzo del governo rifiutando ogni carica.

 

Barricate e popolo

Il successo delle insurrezioni urbane nell’Europa del 1848 si basa su un semplice binomio: barricate e popolo. La tecnica della guerriglia è la stessa a Palermo, Parigi, Vienna, Milano, Berlino: si erigono barricate nelle strade strette e tortuose della città per isolare in piccoli gruppi i soldati di guarnigione; si assediano le caserme, per conquistare le armi, e i palazzi del potere per incutere paura ai politici e ai potenti; si dà vita a un Governo provvisorio e a una Guardia civica, con divise e vessilli propri. Essenziale per il successo è la partecipazione popolare: artigiani, commercianti e operai insieme a nobili, borghesi di tutte le professioni, studenti. Le barricate sono costruite con carri e masserizie di ogni tipo portati in strada dalla gente che vi abita. Dietro si schierano tutti quelli che possiedono armi, mentre dalle finestre e dai tetti delle case uomini, donne e ragazzi gettano olio bollente, tegole, sassi e ogni sorta di oggetto contundente. I messaggi tra i luoghi in rivolta passano attraverso i cortili e i pertugi aperti tra edifici contigui. I feriti e i fuggiaschi trovano aiuto nei palazzi amici e nelle chiese, le campane suonano a stormo.

 

  1. Broletto (Palazzo del Comune). Occupato il 18/3 dagli Austriaci, che ne abbattono il portone con tre cannonate, viene liberato dagli insorti il 20/3 e diventa la sede del Governo provvisorio istituito il 21/3 da Casati.

 

  1. Palazzo del Governo. Viene occupato la mattina del 18/3 dagli insorti guidati da Cernuschi, che costringono il vicegovernatore O’Donnell a concedere ampi poteri alla Municipalità; ripreso dagli Austriaci quello stesso giorno, il Palazzo viene riconquistato dagli insorti il 21/3.

 

  1. Ponte di San Damiano. Qui viene eretta la mattina del 18/3 la prima barricata, mentre le campane delle chiese iniziano a suonare a stormo.

 

  1. Castello Sforzesco. Il pomeriggio del 18/3 le truppe austriache escono dal castello e occupano tutta l’area centrale intorno al Duomo; in serata si rifugiano nel castello. Radetzky e gli altri ufficiali alloggiati in case private.

 

  1. Palazzo Taverna. Nella notte tra il 18 e 19/3 il Comitato degli insorti si trasferisce nel Palazzo Taverna, che diventa sede del Consiglio di guerra guidato da Cattaneo.

 

  1. Palazzo Reale. Viene occupato e saccheggiato dagli insorti il 19/3; il viceré Ranieri, fratello dell’imperatore Francesco I, era già fuggito a Verona due giorni prima.
  1. Porta Nuova. Il 19/3 gli insorti resistono all’avanzata degli Austriaci e li respingono oltre la cerchia dei bastioni.

 

  1. Piazza Mercanti. Il 19/3 gli insorti riprendono il controllo della piazza. Catturato nel vicino comando di polizia, il famigerato commissario Luigi Bolza non viene giustiziato dalla folla grazie all’intervento di Cattaneo: “Se lo uccidete fate cosa giusta, se lo risparmiate fate cosa santa”.

 

  1. Duomo. Issata da Luigi Torelli, la bandiera tricolore sventola sulla guglia più alta del Duomo; il 20/3 quasi tutta l’area dei Navigli è stata liberata.

 

  1. Palazzo del Genio. Il 21/3 gl Governo provvisorio respinge la proposta di armistizio di Radetzky. Dopo scontri durissimi gli insorti prendono il Palazzo del Genio e si arrende anche la caserma di San Simpliciano; in serata gli Austriaci abbandonano il Comando militare a Brera.

 

  1. Porta Tosa. Il 22/3 divampa la battaglia per cacciare gli Austriaci dai bastioni. La carica decisiva è guidata da Luciano Manara: Porta Tosa diventa Porta Vittoria.

 

  1. Porta Romana. Radetzky decide la ritirata strategica: nella notte del 22/3, dopo aver cannoneggiato gli edifici vicino alle porte, le truppe austriache lasciano la città dirigendosi verso Lodi.

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